Pieve di San Daniele in Castello
Salendo verso la cima del colle della città, un tempo roccaforte della San Daniele romana e medievale (ma alcuni reperti sono databili addirittura tra l’XI e VIII secolo a.C., probabilmente relativi ad un antico villaggio protostorico posto sull’altura), lungo il lato sinistro ci si imbatte nella casa dei nobili Portonieri, ritenuta nel ‘500 la più bella dimora cittadina, tanto che ospitò la corte patriarcale e le teste coronate in visita a San Daniele. Proseguendo verso la cima del piccolo colle si arriva all’elegante villa, di ispirazione palladiana, Ticozzi de’ Concina. Sul suo esatto perimetro sorgeva un tempo il castrum, il castello di San Daniele.
Poco oltre, sul punto più alto del colle, sorge la chiesa di San Daniele in Castello il cui campanile è stato ricavato da una torre di guardia risalente alla fine del XV secolo. La leggenda vuole che a costruire la chiesa sia stato il longobardo Rodoaldo nel 927, per espiare l’uccisione del Patriarca di Aquileia, Leone. In effetti pare lo sviluppo del sito, con la costruzione della prima chiesa, sia l’età carolingia, verso la fine dell’VIII secolo e inizi del IX. Questa prima chiesetta fu costruita probabilmente all’interno di un insediamento fortificato, che precedette il castello bassomedievale. Era un edificio molto semplice dal punto di vista architettonico, composto da un’aula rettangolare con terminazione orientale rettilinea, senza abside, come nella più antica tradizione di queste zone. Il presbiterio di questa chiesetta era delimitato con transenne di calcare con motivo ad intreccio tipico del periodo; al centro è stata trovata una sepoltura, probabilmente di un personaggio di rilievo, che potrebbe essere stato un protagonista della costruzione di questo luogo sacro.
Nell’età romanica la chiesetta subì un notevole cambiamento: vide l’aggiunta di tre absidi ad oriente e l’ampliamento dell’aula, verso sud, suddivisa in tre navate, e lo sviluppo di un cimitero attorno alla chiesa. Nel XIII secolo, quando la chiesa compare in una notazione scritta datata 1247 e figura tra le pievi dell’arcidiaconato superiore, l’edificio venne ristrutturato con la creazione di un atrio, la lastricazione del presbiterio con resti di sarcofagi tardoromani, lo spostamento dell’accesso al lato ovest ed una sacrestia nel lato settentrionale, spostata poi a sud due secoli più tardi. Una radicale modificazione della zona presbiteriale, con l’eliminazione delle tre absidi, sostituite da una terminazione rettilinea, avvenne invece nel XVII secolo, prima della completa ricostruzione della chiesa, effettuato nel XVIII secolo, secondo un nuovo orientamento, in senso nord-sud, come ancor oggi si può vedere.
All’interno dell’edificio si conservano un pregevole altare in pietra, eseguito nel 1512 da Carlo da Carona per la fraterna del castello, e Il trittico raffigurante la Madonna con bambino tra i santi Sebastiano e Rocco. L‘altare maggiore in marmo, del 1694, e opera dei fratelli gemonesi Stefanutto. Murata all’esterno dell’abside è visibile una riproduzione (l’originale è ospitato al museo del territorio) di un bassorilievo in pietra raffigurante l’adorazione dei Magi, forse precedente al decimo secolo.
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